Don't miss the show
Una donna nuda accovacciata sotto un'esplosione di rocce: questa l'immagine che campeggia sulla copertina del disco "Don't miss the show" del chitarrista leccese Mirko Russo. Visivamente il richiamo ad una musica dolcemente dura (nel senso di melodicamente rock) è molto forte e si traduce in undici brano strumentali che coniugano estro e passione viscerale per la musica, creatività e tecnica, coraggio e fantasia compositiva.
Ispirato ai grandi chitarristi della musica rock, Mirko Russo esprime con i suoi assoli tutte le emozioni, le suggestioni ed il caleidoscopio multi-sfaccettato che solo un genuino amore per la musica può sprigionare. E questa forza (anche e soprattutto comunicativa) si può assaporare già da "Don't miss the show" che apre l'omonimo disco: un ritmo sostenuto ed una chitarra che disegna vortici di intrecci sonori fatti di assoli che si rincorrono su strade melodiche concentriche. Molto intenso e scuro è poi il brano seguente dal titolo "Jocyermackie Jack"; il brano "Spaces" invece ha un'anima più leggera con una bella intro di chitarra acustica soave e delicata che presto si amalgama con una chitarra elettrica che deflagra in tutta la sua maestosità.
"Work" è un brano molto duro, con un'ossessiva ripetizione dei riff, una corsa veloce e rabbiosa, una roccia difficile da scalfire. "Song" è il pezzo più corto del disco ed ha un'atmosfera più soft, quasi desertica: in questo brano non c'è durezza ma un senso di apertura e di solarità e di speranza. "Silvermoon" invece è il brano più prolisso del disco ed è come un viaggio perchè è caratterizzato da diversi momenti, un'altalena emozionale che cattura l'ascoltatore e lo porta per mano in questo piacevole andare. "Third tape" è un altra piccola gemma preziosa di questo disco che va gustato nota dopo nota. Piacerà agli amanti del rock più duro ma anche a coloro i quali amano la musica strumentale concepita come espressione di emozioni recondite.
antonio giovanditti
Ispirato ai grandi chitarristi della musica rock, Mirko Russo esprime con i suoi assoli tutte le emozioni, le suggestioni ed il caleidoscopio multi-sfaccettato che solo un genuino amore per la musica può sprigionare. E questa forza (anche e soprattutto comunicativa) si può assaporare già da "Don't miss the show" che apre l'omonimo disco: un ritmo sostenuto ed una chitarra che disegna vortici di intrecci sonori fatti di assoli che si rincorrono su strade melodiche concentriche. Molto intenso e scuro è poi il brano seguente dal titolo "Jocyermackie Jack"; il brano "Spaces" invece ha un'anima più leggera con una bella intro di chitarra acustica soave e delicata che presto si amalgama con una chitarra elettrica che deflagra in tutta la sua maestosità.
"Work" è un brano molto duro, con un'ossessiva ripetizione dei riff, una corsa veloce e rabbiosa, una roccia difficile da scalfire. "Song" è il pezzo più corto del disco ed ha un'atmosfera più soft, quasi desertica: in questo brano non c'è durezza ma un senso di apertura e di solarità e di speranza. "Silvermoon" invece è il brano più prolisso del disco ed è come un viaggio perchè è caratterizzato da diversi momenti, un'altalena emozionale che cattura l'ascoltatore e lo porta per mano in questo piacevole andare. "Third tape" è un altra piccola gemma preziosa di questo disco che va gustato nota dopo nota. Piacerà agli amanti del rock più duro ma anche a coloro i quali amano la musica strumentale concepita come espressione di emozioni recondite.
antonio giovanditti
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