Apart.
Descrizione
C’è un nuovo bisogno di chiarimento, di esplicarsi, di rendersi leggibili, di togliere le maschere e le armature che nascondono le molteplici verità dell’individuo, c’è bisogno di affrancarsi da quell’omologazione che nasconde le incertezze nella sicurezza del gruppo, c’è bisogno di semplicità. Non si spiega altrimenti la nuova onda di album solisti, concepiti acustici, come quello d’esordio di Neil.
I brani sono stati spogliati a sole voce e chitarra, e poi rivestiti con cura, con l’aiuto di Maximilam Modolo all’elettronica, Diego Todesco archi, percussioni, fiati e Marco Pagot basso e percussioni, in un gioco di equilibri che non stravolge mai la vena malinconica che aleggia in ogni brano, malinconia che graffia e culla, vuoi per le difficoltà di cuori non comunicanti, vuoi per un mondo che non lascia spazi vitali fuori dalle folli corse del giorno. Gli ascolti di Neil vanno da Eddie Vedder a Damien Rice ai Vetiver, da Neil Young a Elliott Smith, da Mark Kozelek (Red House Painters, Sun Kil Moon) a Micah P. Hinson, lontano ma neanche troppo dalle atmosfere che lo hanno accompagnato per 6 anni, quando cantava negli Hope Leaves e con i quali era giunto nel 2011 a incidere l’album “Till the rainbow starts to shine”.
Apre “Drones” chitarra acustica e voce a raccontare questi tempi controllati e senza felicità, sulla china di un tracollo umano che non sembra scuotere la pigra apatia generale: “empty souls,this is our heritage worshipping traitors,our system collapses / feel free now it doesn’t matter,we all have failed / slow the demons down until the world is over (anime vuote, questa è la nostra eredità / adorando traditori, il nostro sistema collassa / sentitevi liberi ora, non importa, tutti noi abbiamo fallito / rallentate i demoni fino a quando il mondo finirà…”). “Green screen” è il rammarico di sogni infranti prima ancora di aver realizzato un sogno, mentre l’armonica di “Murbles” segue le ferite lasciate aperte dalle rinunce. Dolce l’incedere sognante di “Ariadne”, decisa e con un refrain che conquista “Wake me up again today”, una ricerca di senso che non trova facili ragioni. Dopo il rammarico di “Oland” sorprende la versione folk di un brano dei Faith No More, “Digging the grave”, che apre scenari inediti e originali. La linearità elettronica di “Bones of Dolls & Screaming Butterflies” nasconde il testo inquietante di una confessione seriale, ed è ancora l’elettronica a dominare la successiva “Take me home”, ipnotica e bluesy. Chiude “Smile”, rispetto al titolo tutt’altro che allegra, dedicata com’è a una vittima della strada.Un buon esordio per Neil, equilibrati gli arrangiamenti, dosata la voce, limpidi i suoni anche nei momenti leggermente noise, un album adatto a quell’autunno del cuore che tarda a lasciarci, a quei periodi di incertezza che hanno bisogno di tempo, per ripensare cammino e parole. (http://www.shiverwebzine.com/2013/11/02/neil-apart-2013-garage-records/)
I brani sono stati spogliati a sole voce e chitarra, e poi rivestiti con cura, con l’aiuto di Maximilam Modolo all’elettronica, Diego Todesco archi, percussioni, fiati e Marco Pagot basso e percussioni, in un gioco di equilibri che non stravolge mai la vena malinconica che aleggia in ogni brano, malinconia che graffia e culla, vuoi per le difficoltà di cuori non comunicanti, vuoi per un mondo che non lascia spazi vitali fuori dalle folli corse del giorno. Gli ascolti di Neil vanno da Eddie Vedder a Damien Rice ai Vetiver, da Neil Young a Elliott Smith, da Mark Kozelek (Red House Painters, Sun Kil Moon) a Micah P. Hinson, lontano ma neanche troppo dalle atmosfere che lo hanno accompagnato per 6 anni, quando cantava negli Hope Leaves e con i quali era giunto nel 2011 a incidere l’album “Till the rainbow starts to shine”.
Apre “Drones” chitarra acustica e voce a raccontare questi tempi controllati e senza felicità, sulla china di un tracollo umano che non sembra scuotere la pigra apatia generale: “empty souls,this is our heritage worshipping traitors,our system collapses / feel free now it doesn’t matter,we all have failed / slow the demons down until the world is over (anime vuote, questa è la nostra eredità / adorando traditori, il nostro sistema collassa / sentitevi liberi ora, non importa, tutti noi abbiamo fallito / rallentate i demoni fino a quando il mondo finirà…”). “Green screen” è il rammarico di sogni infranti prima ancora di aver realizzato un sogno, mentre l’armonica di “Murbles” segue le ferite lasciate aperte dalle rinunce. Dolce l’incedere sognante di “Ariadne”, decisa e con un refrain che conquista “Wake me up again today”, una ricerca di senso che non trova facili ragioni. Dopo il rammarico di “Oland” sorprende la versione folk di un brano dei Faith No More, “Digging the grave”, che apre scenari inediti e originali. La linearità elettronica di “Bones of Dolls & Screaming Butterflies” nasconde il testo inquietante di una confessione seriale, ed è ancora l’elettronica a dominare la successiva “Take me home”, ipnotica e bluesy. Chiude “Smile”, rispetto al titolo tutt’altro che allegra, dedicata com’è a una vittima della strada.Un buon esordio per Neil, equilibrati gli arrangiamenti, dosata la voce, limpidi i suoni anche nei momenti leggermente noise, un album adatto a quell’autunno del cuore che tarda a lasciarci, a quei periodi di incertezza che hanno bisogno di tempo, per ripensare cammino e parole. (http://www.shiverwebzine.com/2013/11/02/neil-apart-2013-garage-records/)
Recensione
Apart.
Nel 2013 è uscito per l'etichetta Garage Records il disco dal titolo "Apart" di NEIL. Si tratta di un album dall'anima acustica, morbida e fluttuante che si muove sinuoso tra le corde di canzoni ch...a cura di: antoniogi